Apertura

Stefano si stava concentrando. Doveva riuscire in tutti in modi a parlare. Cosa c’era che lo legava così? Non sapeva spiegarselo.
“Avanti, non è così difficile, parla!” Lo speronò la donna.
Enrico anche questa volta non aveva capito perché era successo. Eppure sembrava che tutti lo sapessero, tutti tranne che lui.

Lorenzo invece non aveva voglia di ascoltare, era furioso. Non capiva perché dovessero esistere delle persone al mondo così imbranate. Perché Stefano non parlava? Perché? Non si tratteneva più e la sua faccia ne era la conferma.
Fabio invece aveva capito tutto. Lui capiva sempre dove stavano i problemi: li capiva, li analizzava e poi trovava le soluzioni, soluzioni che rimanevano dentro di lui. Non aveva infatti il coraggio di parlare e di far valere le sue idee. Si sforzava e spesso iniziava a sudare, ma non riusciva a vincersi e a fare la voce grossa. Pensava che pochi lo conoscessero veramente, perché con tutti gli altri recitava una sua parte speciale che gli riusciva particolarmente bene, quella della persona a posto.

Intanto Stefano non aveva ancora parlato. Enrico temette che potesse fare una delle sue solite battute che non vengono capite da nessuno e mettersi a ridere con quella sua risata strana che sembra normale solo a lui.
Ma ecco che Stefano si decise a parlare: “Vorremmo quattro biglietti per il prossimo treno per andare ad Olbia. E’ possibile? ”

Realtà: visione prima

La cassiera, che evidentemente aveva capito che non stava trattando con gente perfettamente a posto, non disse nulla e fece i biglietti per i quattro individui. Non avrebbe saputo indicare la loro età: si aggirava comunque di sicuro tra i 25 e i 35 anni. Era stato buffo il modo in cui erano arrivati parlando tra loro a voce alta di automobili che oramai non fanno più da molti anni, come ad esempio la vecchia e famosa Micra della Nissan; ma non solo quello, l’atteggiamento con cui si ponevano i problemi, così ordinato ma allo stesso tempo inconcludente la eveva fatta riflettere.

E poi le loro espressioni, così strane, così intense e così giovanili. Dagli occhi sarebbero potuti sembrare dei bambini in una vacanza che li faceva sentire particolarmente orgogliosi di loro. Ma ecco che se ne andarono. Anche se la donna si era trovata a disagio quando questi erano arrivati, ora provava un sentimento quasi di mancanza non avendoli più così vicini al suo sportello. Le avevano fatto provare una strana sensazione che non avvertiva più da quando aveva si e no 17 anni.

Seguito

Lorenzo con la sua faccia incupita disse: “Certo che ci sono delle cassiere davvero incapaci. Questo mondo non si sa proprio dove finirà fichè ci sarà gente così!” Enrico che aveva sentito tutto cercò di sdrammatizzare: ” Ma dai, siamo venuti fino a qua, cerchiamo almeno di divertirci.” A tali parole Lorenzo sembrò rasserenarsi.
“Allora cosa facciamo?” Disse Fabio ” Che ora è?”
“SONO le sette e due minuti.” rispose con un sottile sorrisetto Stefano che continuava a fissare Fabio per cercare di metterlo in imbarazzo.

“Allora prendiamo il treno o no? O vogliamo stare qui tutto il tempo a parlare?” Disse Lorenzo. Poi iniziò a fischiare imitando il suono che si fa ai cani per farli venire a se. Questo voleva dire che si doveva fare come voleva lui. Enrico era felice di stare con i suoi amici perché si trovava bene e non vedeva l’ora di salire su quel treno per andare ad Olbia. Fugacemente ripensò a tutti i progetti che aveva fatto insieme ai ragazzi per questa vacanza ed era sicuro che si sarebbe divertito. Ma si ricordò presto di un particolare: Avevano infatti pianificato da recarsi ad Olbia in macchina. Dove diavolo era finita la macchina? Eppure si ricordava distintamente il viaggio fatto con essa sul traghetto che li aveva portati li in Sardegna. Decise di porre l’interrogativo anche agli altri: “Ma voi non vi ricordate dove è finita la macchia?”.
“Certamente” rispose prontamente Stefano “La macchina ha iniziato a fare uno strano rumore… così: Cofh! Cofh!” Tutti lo stavano seguendo ma Fabio aveva già intuito come sarebbe finita la storia “Poi improvvisamente una luce, ed ecco che la macchina ha iniziato a volare. Ah Ah Ah!” Lorenzo non apprezzava queste battute di strano umorismo, ma domanda di Enrico era fondata, che fine aveva fatto la macchina? La sua macchina pergiunta?
Stefano si riprese dalla risata ed aggiunse: “No ragazzi, non riesco a ricordarmelo neanche io. Però una macchina c’era. C’era eccome!”
Fabio riportò l’ordine suggerendo di salire sul treno e di parlare li di cosa fosse successo.

Realtà: visione seconda

Il paesaggio scorreva tranquillo e cheto fuori dal finestrino. Era quasi il tramonto. Qualche gabbiano stava volando alto nel cielo dorato spinto da dolci e calde correnti ascensionali che lo sostenevano il alto come un angelo. Il treno sfrecciava silenzioso sopra il suo cuscino d’aria nella natura semi incontaminata della Sardegna, soprattutto dopo che questa era diventata riserva naturale federale. Lo spostamento d’aria fece muovere un canneto vicino ad un laghetto. Un pesce fece un balzo dall’acqua per ricadere pochi centimetri più in la.
Dubbi.

Dentro lo scompartimento del treno vi era un’accesa discussione su dove fosse realmente finita la machina di Lorenzo e su dove fossero finiti tutti i loro bagagli. Li avevano persi? Erano stati rubati? Ma un altro interrogativo li affliggeva e li insospettiva più di tutti: Che fine aveva fatto Francesco? Era stato sempre con loro, perchè adesso non c’era più? Eppure a tutti sembrava normale che non ci fosse più. Decisero che non era bene telefonare a casa sua dicendo che della sparizione perché avrebbero spaventato a morte la sua famiglia.
“Ragazzi, non è che è stato rapito? Qui in Sardegna succedono queste cose.” Disse tristemente Stefano.

“Ma no, e perché lo avrebbero dovuto rapire? Noi siamo venuti qui per quest’estate in campeggio, mica al Grand Hôtel!” Continuò Fabio.
“Ma cerchiamo di ricordare: prima di fare il biglietto per il treno, dove eravamo? Voglio dire, da dove siamo venuti? Se ci ricordiamo questo particolare forse possiamo anche arrivare a capire dove sia finito Francesco e la macchina con tutti i bagagli.”
“Hai perfettamente ragione” Disse Stefano, ” Basta ricordarci da dove siamo venuti però. Io ricordo solamente che noi eravamo tutti e cinque in macchina, quindi c’era anche Francesco. Stavamo andando ad un nuovo campeggio. Poi non riesco a ricordare altro.”
“Anche io mi ricordo pressappoco la stessa cosa” Soggiunse Enrico ” Eravamo in macchina ed alla radio c’era quella canzone che piace tanto a Fabio…” Enrico si voltò verso Fabio: “Ti ricordi?”
“Quale, quella che fa: Sciogli le trecce al cavallo…”
“Esattamente, c’era quella canzone alla radio, poi non mi ricordo altro.”
“Aspettate, ho un’idea” Disse Lorenzo, “Quando arriviamo ad Olbia chiamiamo il nostro vecchio campeggio e gli chiediamo se la macchina e Francesco sono ancora li. So che sembra da stupidi, ma forse siamo davvero andati via dal campeggio a piedi per prendere il treno lasciando laggiù tutto, Francesco incluso”.
Tutti furono d’accordo e decisero di arrivare a destinazione prima di telefonare o fare ogni altra cosa che si convenisse in una situazione strampalata come la loro.”

Realtà: visione terza

Francesco stava sfrecciando con la sua macchina in cerca dei ragazzi. Dove potevano essere finiti? Un negoziante li aveva visti la sera prima a Palau, ma da li avrebbero potuto prendere qualsiasi direzione. Doveva trovarli, assolutamente. Decise di recarsi alla stazione, unico luogo dove avrebbero potuto prendere un mezzo per spostarsi più rapidamente che a piedi.

La stazione

Il treno si stava avvicinando ad Olbia, lo dimostravano una serie di casette presumibilmente disabitate che si affacciavano vicino ai binari.
Lorenzo si affacciò al finestrino non capendo cosa aveva in cuore. Era felice o era arrabbiato, e poi arrabbiato per quale ragione? Poi si ricordò di Francesco e della sua macchina e questo lo fece preoccupare.

Enrico guardava pacatamente fuori del finestrino senza pensare a nulla. A lui capitava spesso di fermare lo sguardo e di non avere pensieri per la mente, era riposante, quasi come dormire. Fabio invece stava riflettendo a come sarebbe potuto essere la sua vita se sua sorella non fosse stata più grande di lui ma più piccola. In casa avrebbe comandato lui. Avrebbe potuto avere l’ultima parola su molte cose. Chissà, forse sua sorella lo avrebbe potuto anche ammirare. Si, poteva essere, lui, il fratello maggiore l’avrebbe potuta proteggere, le avrebbe potuto insegnare i trucchi della vita che lui poteva aver imparato prima di lei. Fabio concluse che sarebbe potuta essere un’esperienza molto divertente, anzi istruttiva.

Il treno arrivò ad Olbia pochi minuti dopo e i quattro amici scesero pronti alla ricerca di un telefono. La sorpresa fu generale: non c’erano telefoni, almeno apparentemente. Come fare?
“Ma che storia è questa ragazzi? Che razza di posto è mai questo? Nemmeno uno straccio di telefono!”

Lorenzo subito riprese: “L’ho sempre detto io che se andavamo in Corsica ci saremmo divertiti di più e spendendo meno! Pensa: li i campeggi costano 2.000 lire al giorno, mica 20.000 come qui in Sardegna!”
Enrico, che mitigava sempre le situazioni calmò subito Lorenzo ricordando che ora il problema era quello di trovare Francesco. Nessun telefono in giro, solo desolati cavi strappati malamente chissà quanto tempo prima.
Realtà: visione quarta.
Francesco era riuscito a ritrovare chi aveva incontrato per ultimo i suoi amici: era la cassiera della stazione dei treni. La donna disse di essere rimasta affascinata da quei quattro uomini dall’aspetto così strano “Le giuro che mi hanno fatto sentire più giovane di 20 anni” Disse la cassiera a Francesco, “Comunque hanno preso il treno delle 18.25 per andare ad Olbia.”. Francesco capì dalla descrizione della donna che quei quattro uomini erano davvero i suoi amici e ringraziatola si diresse verso Olbia con la sua potente auto.

Ricordi

“Adesso basta! Mi sono proprio rotto! Dove sono i telefoni! Cosa ci facciamo qui? Francesco e la macchina dove sono?” Sbottò Stefano “A noi manca di sapere qualcosa di fondamentale. Avanti, ricostruiamo cosa ci è successo. Nessuno di noi ricorda nulla oltre a noi che andiamo in macchia?”
“A me sembra di ricordare un camion che sbanda, e cade in un dirupo, ma non so se era un film che avevo visto oppure qualcosa che ci è accaduto realmente.” Disse Fabio.
“Ricordo qualcosa di strano, una sensazione indefinita che non so spiegare, qualcosa di brutto, ma non so cosa.” Continuò Enrico.

La realtà incontra il sogno

Francesco arrivò in poco tempo alla stazione di Olbia. Nella speranza di trovarli ancora tutti li aveva schiacciato parecchio l’accelleratore. Anche se erano state costruite delle strade più agevoli la Sardegna presentava sempre una rete di comunicazioni densa di curve e dossi.
Entrò di corsa nell’atrio e li vide. Un senso di immenso sollievo gli penetrò nel cuore vedendoli tutti sani e salvi.
Lorenzo vide Francesco e gli gridò “Ehi! Siamo qui!” e non appena si fece più innalzi con voce un po’ meno grossa e piena di preoccupazione “Ma dove diavolo eri finito? Ti abbiamo cercato per mari e per terra!”
“E’ vero, E’ vero faccione!” fecero in coro gli altri.
“Sentite ragazzi, la faccenda non è semplice come pensate: venite con me intanto.” disse Francesco portando tutti verso la sua macchina.
“Insomma! Dove eri finito? Noi non riusciamo più a capirci nulla. Un momento fa stavamo dicendo che l’ultima cosa che tutti ci ricordavamo distintamente era che noi eravamo tutti in macchia e poi ci troviamo qui. Allora?” Chiese Lorenzo.
“Dovete sapere una cosa molto importante che credo che non vi ricordate” disse pacatamente Francesco.
“Sai già cosa non ci ricordiamo?” Disse Lorenzo, “Stai parlando della macchina e di come ti abbiamo perso?”
“Esattamente. Noi eravamo tutti e cinque nella macchina quel giorno, ve lo ricordate?”
“Certamente. Ma che significa quel giorno? Quanto tempo è passato?”
“Ve lo dirò tra poco.” Intanto arrivarono fuori dalla stazione e si fermarono vicino alla strada all’altezza di una panchina. Fuori era ancora giorno ed una brezza muoveva le cime di alcuni alberi di un giardino pubblico. Francesco iniziò a parlare sorprendentemente tranquillo:
“Noi eravamo in macchina quando un camion dietro di noi perse il controllo e ci venne addosso. Ve lo ricordate questo?”
“Mi sembra di si” Disse Enrico e tutti annuirono. Un’espressione di sorpresa si dipinse sui loro volti. Avevano infatti capito che qualcosa era davvero successo quel giorno di cui nulla si ricordavano.

“Il camion ci venne addosso e noi ci schiantammo contro un grosso masso al limitare della strada. L’incidente fu grave e l’urto fu molto forte. Tutti noi perdemmo conoscenza e ci risvegliammo all’ospedale diversi giorni dopo.” Francesco fece una pausa in cui tutti si guardarono reciprocamente con occhi spaventati. A Fabio venne persino in mente che Francesco poteva recitare una sceneggiata per far prendere loro paura, ma in realtà la memoria gli stava tornado lentamente. Tutto si incastrava alla perfezione. Nessuno parlò.
“Da allora non siamo stati più molto normali” Francesco fece una risatina alla parola normali “…e spesso ci accade di dimenticare tutto quello che ci è successo.”
“Stai dicendo…” disse Enrico “Che noi siamo un po’ pazzi?”
“Non proprio, dico soltanto che non siamo più lucidi come una volta. Molte cose non sembrano più come sono in realtà. Bisogna che lo riconosciate.”
“Non ci hai detto quanto tempo è passato da quel giorno.” Chiese Lorenzo sentendo rimbombare il cuore negli orecchi.
“Reggetevi forte amici. ” Francesco fece una pausa. “Forse è meglio se non ve lo dico.”
“Avanti, siamo pronti a tutto.” Disse Stefano ma in realtà si sentiva venir meno.
“Bhè, sono passati 12 anni. Cosa ne pensate?”
Il silenzio fu totale. Ma la cosa strana era che tuti in realtà lo sapevano. Tutti in fondo alla loro anima si ricordavano perfettamente di aver avuto l’incidente. Tutti si ricordavano di aver passato alcuni mesi di riabilitazione alla clinica di Pratolino. Avevano 18 anni quando successe. Ora ne avevano 30. Stefano si era addirittura sposato e anche Lorenzo stava per fare lo stesso. Erano guariti, erano tornati come prima. Tutti lavoravano e conducevano una vita normale: Lorenzo lavorava in banca, Stefano aveva un suo studio informatico che aveva creato insieme ad Enrico e Fabio era avvocato, come Francesco del resto.
L’unica cicatrice che rimasta nel cuore e nell’anima di ognuno, eccetto Francesco appunto che non aveva battuto la testa, era che ogni anno sentivano uno strano richiamo dentro dil loro e che li portava a partire per la Sardegna il 28 luglio. Una volta la era come se nulla fosse mai successo, nulla fosse mai accaduto in quei 12 anni. Loro avevano sempre 18 anni per alcuni giorni in estate. Un richiamo ancestrale che li rendeva un po’ pazzi, un po’ diversi da tutti. Ma nulla nei loro cuori era cambiato da allora.

“..Ed anche quest’anno ci hai raggiunto vecchi furbone…” Disse Stefano “Ogni volta ci vieni a svegliare da questo strano sogno. Ma lo sai che credevo davvero ci avere 19 anni? Se me lo avessero detto avrei provato a fare le olimpiadi. Ora sono un po’ più malandato.” Una sensazione di sollievo penetrò dentro i loro cuori. Anche quest’anno si era riverificato la strano fenomeno che li teneva uniti come lo erano in quell’estate del 1993. Francesco si mise a ridere seguito da tutti ed il loro riso fu sincero e liberatorio. Per quest’anno erano a posto. Fabio pensò che adesso sua sorella viveva in Inghilterra con un aviatore ed era lui il padrone di casa adesso. Una sensazione di sollievo lo fece ridere ancora più forte.
“Avanti ragazzi! Andiamo a bere una birra, offro io!” Esordì Fabio.
“A proposito io devo telefonare a Pamela o saranno guai!” sussurrò Lorenzo.
“Anche io devo telefonare a mia moglie” soggiunse Stefano.
Tutti andarono a prendere le birre ed a sbronzarsi un po’ in ricordo dei bei vecchi tempi che ogni anno prendono corpo tramutandosi in realtà.